Dati e numeri non ci rendono orgogliosi di noi stessi quando si tratta di spreco alimentare: è così nelle case degli italiani, che buttano nella pattumiera lo 0,6% del Pil, stando all’ultimo rapporto dell’Osservatorio Waste Watchers di Last Minute Market/Swg. Ognuno di noi cestina addirittura 3 kg di cibo buono ogni mese, per un patrimonio perso di ben 8,5 miliardi l’anno. Le mense? Per valutare il loro peso in tutto questo vergognoso processo che caratterizza molti Paesi dall’economia avanzata, dobbiamo considerare i numeri resi noti da IlFattoalimentare.it. Mense scolastiche e ospedaliere si stima siano responsabili del 14% di tutto il cibo sprecato nell’Unione europea.
La ristorazione ospedaliera distribuisce in Italia 269 milioni di pasti l’anno: un terzo di questi, cioè il 31,2%, viene buttato.
Nelle scuole la percentuale è al 12,6, e riguarda soprattutto i contorni (22%), ovvero la verdura, alla quale ancora troppo spesso i bambini non sono abituati. Ben vengano quindi progetti e spunti per educare a un’alimentazione sana e coscienziosa, anche nelle scuole. Le mense aziendali fanno parzialmente eccezione. Lo spreco c’è, ma è molto ridotto e si attesta tra il 2 e il 3%. Perché? Un’ipotesi potrebbe essere la migliore qualità, ma una regola sempre valida è che gli sprechi aumentano quando il pasto è totalmente gratuito. Anche se i ristoranti non sono immuni al problema.
Secondo gli ultimi dati Fipe – Federazione Italiana Pubblici Esercizi -, sarebbero ben 185mila le tonnellate di cibo che ogni anno viene buttata dal mondo della ristorazione, solo in Italia. La doggy bag potrebbe aiutare, ma è chiaro che qui servirebbe una rete di raccolta e un sistema di gestione efficiente delle rimanenze: più che di avanzi nel piatto, si tratta verosimilmente di cibo acquistato in eccesso dai ristoratori, che non possono ovviamente prevedere l’afflusso di clienti con precisione.