Il Giornale – Migliora la sicurezza sul posto di lavoro, aumenta la produttività e fa crescere il tasso di partecipazione dei dipendenti. Non parliamo di un nuovo benefit, ma della parità fra uomini e donne in azienda. L’equilibrio fra i due sessi determina moltissimi benefici, che crescono man mano che le dipendenti fanno carriera. A confermarlo è un’analisi condotta negli Stati Uniti dal quotidiano economico Wall Street Journal. E’ emerso che tra i leader delle realtà presenti nel titolo S&P500 della Borsa Usa rimasti in carica per un anno, nel 2017 gli uomini hanno incassato in media 11,6 milioni di dollari, mentre Ceo donna ne hanno guadagnati 13,8 milioni. Insomma, le imprese guidate dal cosiddetto sesso debole si sono rivelate economicamente più forti. Questo perché quando il «gender gap» cioè la disuguaglianza di genere cala, la produttività cresce.
Secondo uno studio condotto dal gruppo Sodexo su oltre 50mila manager di 70 imprese internazionali fra il 2011 e il 2016, le prestazioni migliori si ottengono quando le donne costituiscono fra il 40 e il 60 per cento della forza lavoro. L’indagine ha permesso di provare che la parità di genere ha conseguenze positive innanzi tutto sul tasso di partecipazione dei dipendenti, il cosiddetto «employee engagement». Nelle aziende con più lavoratrici il coinvolgimento e le motivazioni della forza lavoro aumentano infatti del 12 per cento. Un dato che, a cascata, migliora anche performance professionali e produttività. Inoltre un’adeguata presenza femminile fa colpo sui clienti: dove le donne sono di più la fidelizzazione raggiunge anche il 90 per cento, permettendo alle imprese di migliorare i propri affari. Più fedeli sono anche gli stessi dipendenti: dove l’equilibrio di genere viene rispettato i lavoratori tendono ad andare via meno facilmente. Lo studio ha infatti evidenziato che il tasso di conservazione degli impiegati – il cosiddetto «employee retention» – cresce fino all’8 per cento in più rispetto alle realtà meno virtuose da questo punto di vista.
MENO LITI Gli esperti sono anche riusciti a dimostrare che il giusto apporto rosa accresce la sicurezza sul posto di lavoro. Questa voce può aumentare fino al 12 per cento perché la presenza delle donne migliora la qualità della vita, diminuendo sensibilmente anche i conflitti e gli attriti fra i colleghi. La somma di tutti questi benefici porta a una conseguenza immediata: la produttività può aumentare fino all’8 per cento l’anno. Mentre gli utili netti possono essere più alti del sei per cento rispetto a quelli registrati dai competitor meno attenti alla parità di genere. «La presenza di un numero elevato di donne in azienda permette di rompere lo status quo basato su una visione più maschilista», conferma Simona Cuomo, leadership professor, lead coach e coordinatore Diversity management lab della Sda Bocconi. «Molti studi scientifici dimostrano che quando nel mondo del lavoro c’è abbastanza diversificazione viene prodotta innovazione, così come cresce la capacità di ragionare e costruire in modo diverso rispetto al passato. Dove c’è un clima inclusivo – prosegue – c’è un maggiore scambio di idee, le persone stanno meglio, si sentono ascoltate e coinvolte e così migliorano sia le proprie performance individuali sia la produttività generale dell’impresa». Non è quindi un caso che dove il gender balance è più elevato le vendite sul mercato aumentino: l’indagine di Sodexo rileva che questa voce risulta mediamente del 14 per cento superiore rispetto alla concorrenza.
I PROBLEMI A confermarlo è anche una stima del Fondo monetario internazionale: con un tasso di occupazione femminile pari a quello maschile il Prodotto interno lordo di un Paese potrebbe crescere del 12 per cento. L’Italia da questo punto di vista ha ancora molta strada da fare. Innanzi tutto a causa dei dati sempre più preoccupanti sulla disoccupazione femminile, ferma ancora all’11,9 per cento nonostante il leggero calo rilevato dall’Istat lo scorso febbraio. E poi perché nel nostro Paese la disparità fra i due sessi nel mondo del lavoro è ancora profonda. L’Italia è infatti scesa all’82simo posto nella classifica sul gender gap stilata dal World economic forum. La graduatoria prende in esame il rispetto delle pari opportunità in 144 Paesi del mondo, il Belpaese ha perso 32 posizioni in un anno, facendo peggio di Rwanda, Grecia e Filippine. Eppure qualche sforzo per migliorare la situazione è stato fatto. A partire dall’entrata in vigore della legge Golfo-Mosca, che dal 2012 impone che almeno un quinto degli organi societari delle aziende quotate in Borsa sia costituito da donne. «Questa normativa è una delle più avanzate nell’Unione europea – prosegue Cuomo -, ma purtroppo non è riuscita a ribaltare una situazione ancora difficile, che può essere migliorata solo dalle stesse imprese attraverso politiche e pratiche sostanziali, in grado di facilitare l’accesso della popolazione femminile al mondo del lavoro». Ne è convinta anche Claudia Manzi, docente di Psicologia sociale all’università Cattolica di Milano: «Nel nostro Paese occorre contrastare gli stereotipi di genere in maniera più decisa. Molte cose vengono già fatte ma molte ancora possono essere avanzate soprattutto in termini di consapevolezza rispetto agli stereotipi e di contrasto rispetto linguaggi comunicativi inappropriati che veicolano ancora in modo persistente l’immagine della donne italiana in maniera sessista». Solo in questo modo sarà possibile arrivare a un reale bilanciamento della forza lavoro, e magari risollevare anche le sorti del Pil.
IL MALCOSTUME «La diversità nei team di lavoro porta a una maggiore performance perché aumenta il livello di creatività e porta ad avere una prospettiva più complessa sui problemi – prosegue l’esperta -. Il fatto che ci siano donne e uomini insieme a lavorare moltiplica la diversità. Dai nostri studi emerge che nelle realtà organizzative dove c’è un maggiore bilanciamento di genere ci sono anche livelli più elevati di benessere nei lavoratori. Altre ricerche hanno provato che una classe dirigenziale mista porta a notevoli risultati in termini di produttività». Nonostante questo alcuni datori di lavoro hanno ancora paura di assumere le donne. Anche a causa del malcostume tutto italiano, che porta alcune di loro ad abusare di alcune condizioni, a partire dalla maternità. «Per fortuna il mondo è cambiato e le persone che approfittano di queste cose sono ormai solo una parte residuale – conclude Cuomo -. Le donne che lavorano oggi vogliono portare il proprio contributo e mantenere le posizioni acquisite con tanta fatica. Anzi, il fenomeno al quale stiamo assistendo è l’aumento delle neo mamme che hanno voglia di tornare il prima possibile al loro posto. E questo succede soprattutto nei contesti più attenti alle loro esigenze, nei quali c’è il giusto riconoscimento sia a livello umano sia retributivo». Segno questo che un mondo nuovo, nel quale l’equilibrio fra donne e uomini non si fermi a semplici dichiarazioni di principio, è davvero possibile anche nel nostro Paese.
Fonte: Il Giornale