L’86% delle famiglie pensa che la mensa scolastica sia un pilastro sociale ed educativo del nostro Paese, non solo per l’apporto nutrizionale ma soprattutto per il suo ruolo nel ridurre le disparità socio-economiche.
Il servizio supporta i genitori lavoratori, agevolando la conciliazione tra vita professionale e responsabilità genitoriali, fondamentale per garantire pari dignità e diritti a uomini e donne. Ma non solo. I bambini che non usufruiscono del tempo pieno, nel ciclo della primaria, hanno un anno di apprendimento in meno rispetto a un coetaneo che usufruisce del servizio mensa e che dunque può godere di un orario scolastico più ampio e ricco.
È noto che le mense scolastiche possono inoltre essere ambienti dove i bambini acquisiscono sane abitudini alimentari attraverso un’offerta diversificata e bilanciata che ad esempio preferisca i legumi alla carne, la verdura di stagione e a km zero, cibi riconoscibili (no polpette, crocchette, bastoncini) e mai elaborati (salumi, lasagne), possibilmente con prodotti bio e di qualità. Per fare questo è essenziale la collaborazione attiva con la scuola e gli insegnanti, perché i bambini capiscano queste scelte e le possano dunque condividere. Questa funzione educativa è sottolineata dall’approvazione di oltre il 90% degli intervistati. Lo sottolinea una ricerca svolta da Demetra per conto di Oricon (Osservatorio Ristorazione Collettiva e Nutrizione).
“È necessario garantire il servizio delle mense come un bene essenziale. Ciò vuol dire che il servizio deve essere assicurato a livello universale in tutto il territorio nazionale”, ha detto Carlo Scarsciotti, Presidente Oricon. Ma il settore – se pur dicevamo nevralgico e cruciale – è in crisi da alcuni anni. Gravi difficoltà sono causate dai prezzi dell’energia elettrica e del gas naturale, oltre che dagli aumenti dei costi delle materie prime, ai quali si aggiunge una mancata revisione prezzi e un codice dei contratti pubblici contraddittorio e inadeguato. Fatto sta che le aziende hanno chiuso l’anno con una netta diminuzione del risultato d’esercizio, in alcuni casi con il bilancio in passivo.
La ricerca – presentata a Roma presso la Camera dei Deputati all’Intergruppo parlamentare sulla povertà educativa, presieduto da Irene Manzi – ha messo in luce che il 60% delle famiglie italiane non ricorra alla mensa scolastica per scelta, ma per ragioni legate alla mancanza del tempo pieno da parte della scuola (37%) o del servizio mensa (19%). Tale assenza di servizi muta in base alla centralità o perifericità del Comune di residenza: nei Comuni più grandi e centrali (circa 6 mila) i figli di quasi 2 famiglie su 3 frequentano la mensa scolastica; mentre nelle zone periferiche o ultra-periferiche la proporzioni si ribalta con il 62,1% dei bambini che non usano il servizio mensa. A questo si collega il fatto che nelle aree dove il servizio mensa è assente, si registrano livelli di apprendimento più bassi e un alto tasso di abbandono scolastico. Secondo Save the Children, in Italia, un minore su otto trova nel pranzo scolastico il pasto principale; dato che deve far riflettere, e responsabilizzare le aziende fornitrici e le amministrazioni.