Casa, quartiere, vita di comunità: il lockdown ha fatto emergere in questi tre ambiti bisogni e tendenze che si rifletteranno sulla qualità di vita delle persone e sul mercato immobiliare.
Secondo una recente indagine internazionale di McKinsey, i manager aziendali che si occupano di organizzazione si aspettano un incremento dal 20 al 27% del remote working. Molte imprese sembrano orientate ad adottarlo a tempo indeterminato, probabilmente incoraggiate dall’esperienza del lockdown (nel trasferimento del lavoro a casa durante la pandemia, secondo un altro sondaggio di McKinsey, il 69% delle persone ha dichiarato di avere aumentato e/o conservato i livelli di produttività).
L’incremento del tempo trascorso nelle proprie abitazioni, unito alla consapevolezza che possano ripetersi situazioni di emergenza, determinerà un cambiamento epocale e globalmente diffuso. E le implicazioni saranno certo più estese dell’ovvio potenziamento di infrastrutture di rete e dotazioni individuali essenziali per il remote working.
Una di queste implicazioni è che, per consentire alle persone di vivere in condizioni adeguate ai nuovi modelli di vita e bisogni, andrà superata la dicotomia tra abitazioni smart e affordable. Smart, fin qui, è stato convenzionalmente sinonimo di abitazioni di alta qualità (per struttura, dotazioni e servizi) accessibili a una minoranza mentre affordable ha identificato soluzioni abitative a prezzi sostenibili da estese categorie di reddito e di qualità relativamente più bassa. Ora le abitazioni dovranno essere al tempo stesso smart e affordable: è una necessità che riguarda sia il nuovo sia il già costruito.
I progetti dovranno prevedere spazi per l’uso collettivo, per servizi funzionali al benessere comune e l’uso di tecnologie per la gestione efficiente delle risorse. La capacità degli ambienti abitativi e delle città di fronteggiare le emergenze sanitarie (rivelatasi in questi mesi parzialmente inadeguata) andrà monitorata e misurata. Planet Smart City sta mettendo a punto un indice (Responsive and Smart Index for Real Estate) che sintetizza diversi parametri di un progetto immobiliare (inclusione sociale, informazione, efficienza, salute, digitalizzazione, attrattività sul mercato). L’obiettivo è misurare l’impatto delle soluzioni adottate per i diversi ambiti di una residenza abitativa anche con riferimento alle situazioni di emergenza.
Gli interventi che concorrono a definire un ambiente intelligente e resiliente sono di diversa natura. La priorità va certo attribuita ai servizi di prossimità che riducono gli spostamenti. In casa, si dovrebbe trovare il giusto equilibrio tra gli spazi più privati e quelli per la vita all’aperto, facendo uso di pareti mobili e ampliando al massimo le superfici finestrate. Stare più tempo tra le mura domestiche può comportare un aumento dei consumi di gas, elettricità e acqua che andrebbero controllati in tempo reale attraverso sistemi di smart metering (sensori IoT combinati con un’app su smartphone).
A livello di condominio e quartiere, disporre di spazi per remote e co-working, sale per eventi, corsi di formazione o per la didattica a distanza potrebbe ridurre la necessità di spostamenti.
A livello di comunità, le infrastrutture digitali permettono servizi innovativi come il portierato di quartiere (che assiste da remoto i residenti nelle piccole necessità), sistemi di monitoraggio della qualità dell’aria e servizi di sharing economy (per esempio, il book crossing o il noleggio gratuito di oggetti).
La natura degli interventi indica che il passaggio allo smart housing richiede un coordinamento tra pubblico e privato: gli attori pubblici (amministrazioni comunali e regionali) devono creare le condizioni; i privati (sviluppatori e gestori immobiliari, ma anche i fornitori di servizi e utilities), possono trovare le soluzioni tecniche ed economicamente sostenibili. È necessaria una visione comune.
Alcune esperienze indicano che l’obiettivo può essere raggiunto e che la sostenibilità economica è possibile. Nei progetti che Planet Smart City sta realizzando in Italia (oltre che in Brasile e India) integrare soluzioni innovative in progetti di grandi dimensioni, incrementa mediamente i costi delle nuove costruzioni del 2-3%. Un incremento che può essere compensato dalla migliore commerciabilità del prodotto proprio perché percepito come innovativo e, nel medio periodo, meno costoso da gestire. Ci sono anche casi incoraggianti d’interventi di riqualificazione d’immobili del parco immobiliare dagli anni settanta un avanti. Al quartiere Giardino di Cesano Boscone (Milano), la messa a sistema di soluzioni innovative a livello di quartiere e comunità ha accelerato la locazione degli appartamenti sul mercato: nel 2019 in pochi mesi ne sono stati affittati 219 su 220 disponibili in un quartiere di 1.500 alloggi.
Fonte: Repubblica.it