Belluno, 21/07/2020 – Il Covid c’è ancora e le case di riposo devono mantenere alta la guardia. Ma a preoccupare i sindaci bellunesi, più che un episodio isolato di contagio come quello avvenuto alla casa di riposo di Longarone, è l’emergenza del personale in fuga verso l’Usl e il problema dei conti che non tornano più a causa dei mesi passati senza l’ingresso di nuovi ospiti. A spiegarlo è il sindaco di Belluno e presidente della conferenza dei sindaci dell’Usl, Jacopo Massaro. Che si mostra sereno sul piano delle misure di prevenzione dei contagi già attive a Belluno come nelle altre case di riposo. Ma non nasconde le preoccupazioni legate alla gestione delle strutture. «C’è una dinamica complessa che stiano cercando di gestire», dice Massaro, «la Usl 1 sta facendo numerosissime assunzioni sia di infermieri sia di operatori socio sanitari e nella maggioranza dei casi, purtroppo per le case di riposo, le strutture si trovano con tanti dipendenti che si dimettono per andare all’Usl». Il problema è di quelli pesanti: le aziende sanitarie stanno rafforzando gli organici sul territorio dopo l’emergenza Covid per creare la figura dell’infermiere di comunità ma la stima è che le case di riposo del Veneto si troveranno presto a perdere 4 mila dipendenti. La provincia di Belluno non farà eccezione. L’Asca di Agordo, nei giorni scorsi, si è mossa offrendo un passaggio di livello a tutti gli infermieri e assicurando, ai neo assunti, un alloggio gratuito per il primo mese. Ma anche le casse, oltre agli organici, sono in sofferenza. «Siamo in grande difficoltà», ammette Massaro, «non possiamo assumerne altri perché non ne troviamo. E d’altra parte il rapporto tra operatori e ospiti è fissato dalle norme sull’accreditamento. Per noi è una emergenza nell’emergenza. Anche perché c’è l’altro aspetto delicato legato alla lunga chiusura della graduatoria degli anziani in attesa di entrare in casa di riposo, sospesa nei giorni dell’emergenza. Questo ha generato un doppio squilibrio: da una parte sono venute a mancare le quote pagate dalle persone accolte, dall’altra sono mancate le quote che paga la Regione per ogni ospite. Perché sappiamo tutti che le case di riposo costano alle famiglie, ma quello che pagano gli ospiti è solo la metà dei costi, l’altra parte ci viene pagata dalla Regione. E senza quei soldi le nostre strutture non stanno in piedi: se non hanno un certo numero di ospiti non riescono a pagare gli stipendi». Una situazione spinosa, quindi, sulla quale i sindaci bellunesi si stanno confrontando per trovare soluzioni. Sul fronte della gestione dell’emergenza Covid, invece, il caso dell’operatore della casa di riposo di Longarone trovato positivo al virus non suscita allarmismi. «Ogni settimana, da quando è iniziata l’emergenza, facciamo il punto con colleghi e referenti», spiega il direttore generale della Sersa,«e ci siamo confrontati anche sul caso Longarone, che comunque non va drammatizzato. Tutti stiamo mantenendo alta la guardia con misure preventive che spesso sono faticose ma che sono necessarie, dal controllo della temperatura alle mascherine, dalla sanificazione alla gestione delle visite esterne con i pannelli separatori in plexiglass».
Fonte: Corriere delle Alpi