Oltre il 50% delle aziende campionate da una ricerca Schneider Electric si sono impegnate pubblicamente a ridurre il consumo di energia, le emissioni di Co2 e i rifiuti, e lo stanno effettivamente facendo. Per queste aziende, l’accesso al capitale è solo in parte una barriera: ottenere fondi per progetti e programmi dipende dalla capacità di dimostrare il ritorno sull’investimento e dal coinvolgimento diretto della leadership aziendale. Le aziende dispongono di dati in abbondanza, ma la qualità delle fonti e i problemi di condivisione continuano a ridurre la capacità di creare valore dalle informazioni. L’analisi “Corporate Energy & Sustainability Progress Report”, condotta nel 2019, guarda ai trend globali, alle barriere e alle opportunità che riguardano i programmi di gestione dell’energia e delle emissioni di anidride carbonica delle grandi imprese. Schneider Electric è leader nella trasformazione digitale della gestione dell’energia e dell’automazione,
Il report rivela che la maggioranza delle grandi aziende ha stabilito pubblicamente obiettivi di sostenibilità: lo sforzo per raggiungerli sta stimolando l’adozione di strategie e tecnologie innovative e sta aumentando la percezione del valore della conservazione ambientale e della lotta al cambiamento climatico.
Lo studio si basa su un questionario realizzato da GreenBiz Research coinvolgendo oltre 300 professionisti di tutto il mondo, responsabili per l’energia e la sostenibilità in aziende con oltre 100 milioni di dollari di ricavi annuali.
Quasi il 60% delle aziende coinvolte nello studio ha obiettivi e li ha condivisi con clienti, investitori e altri stakeholder. Un ulteriore 9% sta prendendo in considerazione di prendere degli impegni al riguardo.
Nello specifico, il 28% delle grandi aziende ha obiettivi specifici e ambiziosi e si sono unite a iniziative di valore quali RE100, science-based targets e zero waste to landfill. Le organizzazioni attive su scala mondiale sono alla testa del cambiamento: aziende che operano in più aree geografiche hanno il 10% di possibilità in più di prendersi impegni pubblici rispetto a quelle che operano in una sola zona del mondo. Le aziende basate in Europa, sia che operino globalmente sia localmente, stabiliscono degli obiettivi pubblicamente più spesso delle aziende nord americane – il 65% rispetto al 58%. Le aziende che hanno preso pubblicamente impegni citano come prima motivazione la preoccupazione per l’ambiente (59%), cosa che viene prima anche delle considerazioni di tipo finanziario (52%). Le aziende pubblicamente impegnate hanno maggiore probabilità di adottare tecnologie evolute come l’utilizzo di energie rinnovabili prodotte onsite o offsite, batterie di accumulo, mobilità elettrica.
“Oggi più che mai chi guida le aziende capisce di dover prendere le redini e far pesare il proprio ruolo in uno scenario energetico e ambientale che è in evoluzione” ha commentato Jean-Pascal Tricoire, Presidente e CEO di Schneider Electric. “Essere consumatori passivi è uno svantaggio operative e competitivo. Per questo, a prescindere da regolamenti e mandate, le aziende stanno adottando in modo aggressivo strategie per tagliare le emissioni, aumentare l’efficienza, mettere l’energia a servizio del pianeta e del loro bilancio”.
La ricerca rivela che le aziende stanno guardando con attenzione a scelte non tradizionali.
Le iniziative per l’efficienza energetica sono ancora una dominante, ma l’affermarsi di concetti come decarbonizzazione e decentralizzazione continua a stimolare interesse e investimenti in energie rinnovabili. Il 52% delle aziende produce energie rinnovabili on-site, il 40% ha contratti di acquisto di energie rinnovabili off-site e il 34% usa certificati di attribuzione energetica – come crediti per l’energia rinnovabile o garanzie di origine – per controbilanciare le emissioni derivate dall’elettricità che comprano e consumano (emissioni di scopo 2).
Per le aziende che progettano di compiere queste e altre scelte, trovare i fondi è sempre stato un ostacolo. Ciò nonostante, la mancanza di capitale può non essere un ostacolo così significativo, a differenza della percezione che ne hanno molti.
I rispondenti che hanno dichiarato di essere in disaccordo sul fatto che “il loro dipartimento ha avuto successo nell’assicurarsi il budget necessario per le iniziative legate a energia e sostenibilità”, adducendo come ragione, nel 57% dei casi, la disponibilità limitata di capitale. Detto questo, i professionisti coinvolti nello studio che invece hanno dichiarato che il loro dipartimento ha avuto successo, hanno detto che la capacità di dimostrare ritorno sull’investimento e il coinvolgimento diretto della leadership sono i due fattori che hanno contribuito di più ad ottenere il risultato. Solo il 10% ha identificato nella disponibilità di capitale la motivazione primaria per cui i programmi sono approvati e finanziati.
Inoltre, la mancanza di dati non è più considerata un problema. Nonostante ciò, dati poco affidabili e incompleti e una condivisione poco efficace degli stessi sono i fattori che limitano il ritorno sull’investimento. La ricerca evidenzia vari elementi al riguardo. In media, le aziende raccolgono dati da almeno tre fonti diverse. Le “bollette” energetiche sono la fonte più comune, seguita dai sistemi di gestione dell’energia; però il 52% delle organizzazioni usa ancora dei fogli di calcolo e solo il 18% raccoglie dati da device IoT. I più comuni ostacoli nell’utilizzo efficace dei dati sono nel 48% dei casi l’inaffidabilità e l’incompletezza degli stessi, strumenti non sufficienti nel 41% dei casi, mancanza di competenze interne nel 40%. Solo il 22% delle aziende condivide tutti i dati relativa energia e sostenibilità nei vari dipartimenti – il 58% ne condivide alcuni e il 21% non ne condivide affatto. Il 90% delle aziende che condividono dati fra tutti i dipartimenti concorda sul fatto che si riescono ad ottenere fondi e queste aziende hanno una maggiore possibilità di usare un insieme diversificato di tecnologie.