Pulizia e Sanificazione: Che fine hanno fatto le mascherine chirurgiche?

Le mascherine, strumento indispensabile nella lotta contro il COVID-19, ad oggi scarseggiano e sono difficili da reperire. All’interno di ospedali e strutture sanitarie si lavora con la stessa mascherina anche per tre giorni consecutivi.

Il settore delle pulizie conta 53.500 imprese, per un fatturato di circa 21,2 miliardi di euro. Le mascherine in primis non ci sono, e la loro produzione e fornitura è insufficiente; il meccanismo messo in moto per reperimento e nuova produzione è lento, e tra diversi enti e priorità ha una gestione per nulla efficace. Per il settore di cui stiamo parlando i lavoratori di sanificazione, igiene e pulizia andrebbero considerati, per la loro protezione e sicurezza, al pari di coloro che operano nelle strutture sanitarie. Purtroppo, non essendo assimilati agli operatori sanitari, i lavoratori del comparto servizi non hanno diritto ad avere priorità nella distribuzione dei DPI, e quindi le aziende li stanno reperendo autonomamente Con la conseguenza che davanti si ha un quadro dove spesso però le forniture vengono fermate alle dogane, e anche sequestrate dalla Protezione Civile per essere reindirizzate alle strutture ospedaliere.

Paolo Valente (Responsabile Comunicazione e Relazioni Esterne di ANIP-Confindustria) in merito alla questione afferma: “per servizi potremmo intendere tutto quello che, da elemento accessorio del prodotto, diviene attore primario e decisivo per qualità della vita delle metropoli, delle comunità e del sistema economico e produttivo del Paese. Per questo, li abbiamo definiti servizi per la vita”. Prosegue il suo intervento dicendo:” il vero valore del comparto servizi sono le persone, a cui sempre più spesso nell’ultimo mese abbiamo messo in mano proprio la nostra vita. Il settore cleaning è un settore altamente labour intensive (cioè un settore in cui il costo della manodopera è pari almeno al 50% dell’importo totale del costo del servizio/prodotto), poiché il costo del servizio è rappresentato per l’80% da prestazione d’opera: significa che le aziende di cleaning e i cleaner (il personale di pulizia), a livello di impatto sociale, sono praticamente la stessa”.

Che costa sta facendo il governo e che cosa sta facendo ANIP per tutelare tutti i diritti dei lavoratori del settore servizi che sono in prima linea?

Nel DPCM del 22 marzo scorso, all’allegato 1 venivano definite le attività strategiche che dovevano rimanere aperte. Non è stato né semplice né scontato far passare il concetto che il codice ATECO del settore pulizie doveva essere inserito tra le attività essenziali. Mancavano anche gli ATECO di molte aziende della filiera, come ad esempio i produttori di macchine e attrezzature. Come Associazione Confindustriale abbiamo quindi subito segnalato la problematica e lavorato con i canali istituzionali anche in un’ottica di filiera, che è l’unica che ci può dare modo di lavorare correttamente.

Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?

Quello che verrà non sarà un dopo, ma un durante: è stato avviato un processo che definirà un nuovo modo di lavorare. Come ha detto saggiamente Papa Francesco in merito a chi si impegna in prima linea, cleaner compresi, “non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste, né nelle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia […] perché nessuno si salva da solo”..