Sono due milioni i piccoli cittadini del futuro che ogni giorno condividono un pasto in mensa, a scuola, e cambiare il modo in cui queste mense sono organizzate – a partire dalla scelta e dalla materiale creazione dei menù – significa iniziare una rivoluzione alimentare, che potrebbe impattare molto sulla nostra salute ma anche sull’ambiente e il cambiamento climatico. Come cambiare? La ricetta è nota: materie prime locali e stagionali, poco o nulla trasformate, meno alimenti di origine animale e più legumi. Anche avere un cucina interna è un valore importantissimo: naturalmente non ci sono trasporti, che è un bene per l’ambiente e il traffico cittadino, ma anche per la salute, anche perché “data la distanza dei centri cottura, che si trovano in genere fuori città, le pietanze restano nei contenitori termici a lungo e, pur mantenendo le temperature adeguate, questo potrebbe comportare una notevole perdita di qualità nutritiva e sensoriale”, sottolinea Claudia Paltrinieri, creatrice di Foodinsider. Considerati i numeri, “le politiche che riguardano le mense scolastiche possono impattare positivamente il sistema alimentare complessivo”, aggiunge la presidente di Slow Food Italia, Barbara Nappini, in occasione della conferenza Pensa che mensa (organizzata nello spazio Nutrire la città a Terra Madre Salone del Gusto 2022, a Torino). Complessivamente, “parliamo di 380 milioni di pasti all’anno, erogati nelle scuole dalle ditte che vincono le gare indette dalle amministrazioni locali”, continua Paltrinieri. Secondo i rating il miglioramento è tangibile: c’è più varietà, biologico, filiera corta e attenzione alla qualità delle materie prime; meno cibi processati e monoporzioni di plastica. Si torna alle posate lavabili, riducendo il monouso in plastica o plastica biodegradabile che però ha sempre un alto costo ambientale (essendo usa e getta) e che più volte ha suscitato dubbi – anche seri – sulla sua sicurezza. Cambiamenti favoriti dall’applicazione dei Criteri ambientali minimi (Cam) nei bandi comunali per il servizio mensa. Ma se ci sono scuole che vanno oltre, dritti per la strada della sostenibilità, e ad esempio propongono prodotti locali sfusi come lo yogurt ‘alla spina’. Purtroppo però, cresce il divario tra scuole più o meno virtuose. E sono in salita gli sprechi: il 47% dei bambini mangia meno della metà del pasto, chiaro segnale di mancato gradimento che va a generare tantissimo spreco. Invece il potenziale sociale, ambientale e culturale dei pasti consumati insieme dai bambini di diversissime estrazioni sociali ed etniche sarebbe enorme. I bambini crescono e imparano mimando gli altri: e dove se non a scuola si potrebbe massimizzare, in positivo, questa tendenza naturale a fare bene imparando dai compagni? Per non parlare di chi a scuola trova l’unico suo pasto completo della giornata. “Quando, nei primi mesi del 2020, le scuole hanno chiuso a causa del lockdown, nel giro di poche settimane tante famiglie che seguiamo hanno cominciato ad avere problemi a mettere insieme due pasti al giorno”, ha detto Fosca Nomis, responsabile advocacy e policy di Save the Children Italia.