Addetti alle pulizie, cuochi, camerieri, portieri, e animatori. Sono migliaia le figure stagionali che le strutture alberghiere e i ristoranti di tutta Italia stanno cercando invano. Molte strutture non sono riuscite ad aprire per la stagione mentre, chi ce l’ha fatta, è stato costretto a diminuire il numero delle camere disponibili o sacrificare il turno del pranzo per poter aprire ai turisti per cena.
Il risultato è un danno notevole per un settore che, con il ritorno del turismo a pieni ritmi, aveva tutte le carte in regola per tornare ai livelli economici pre-pandemia. Il presidente di Federalberghi Luca Balletti ha riportato alla stampa che per il mese di agosto mancherebbe il 20% di fabbisogno del personale.
Le cause sono molteplici. Gli imprenditori accusano il reddito di cittadinanza di essere la ragione che scoraggia i lavoratori stagionali e i giovani a tornare al lavoro, mentre dall’altra parte i dipendenti accusano stipendi troppo bassi compararti alle ore di lavoro che raggiungono spesso le 12 o 14 ore giornaliere con un solo giorno di riposo alla settimana. Bisogna però anche considerare nell’immagine generale che molte di queste figure prima della pandemia erano ricoperte da personale straniero che, con il settore fermo per due anni, è tornato nei paesi di provenienza creando un gap tra domanda e offerta di personale.
Balletti ha proposto come soluzione un rafforzamento della collaborazione tra gli istituti alberghieri che formano i giovani lavoratori con le imprese del settore. «C’è da fare una riflessione seria anche sulla ragione di perché il lavoro nel turismo abbia una così profonda crisi di appeal. Va ristrutturato il sistema delle scuole alberghiere, rafforzata la collaborazione tra istituti e imprese e migliorata la cultura dell’accoglienza».
Anche i sindacati hanno preso a cuore la questione e suggeriscono agli imprenditori che la chiave potrebbe essere quella di offrire migliori condizioni lavorative e stipendi più congrui.