Gli operatori privati possono svolgere un ruolo decisivo nello sviluppo della sanità territoriale senza che questo faccia venir meno il carattere di servizio pubblico, anzi aiutando il sistema a rispondere al meglio alle esigenze dei cittadini. È quanto emerge dallo studio di Nomisma e Rekeep, che affronta uno dei problemi emersi in maniera drammatica nella prima ondata della pandemia di Covid 19, quando proprio la medicina del territorio ha evidenziato una ridotta capacità di risposta in condizioni di emergenza.
Gli autori del report sottolineano l’importanza di migliorare le strutture socio-sanitarie in tutto il territorio nazionale agendo in due direzioni: investendo, innanzitutto, sull’incremento e la formazione del personale e su tecnologia e ricerca ma anche realizzando nuove infrastrutture territoriali principalmente attraverso la riqualificazione degli edifici esistenti e di quelli dismessi.
In questa ultima direzione il pubblico può trovare alleati per superare i propri limiti (di budget e talvolta di competenze) nei soggetti privati, che siano società profit, del privato sociale oppure operatori dei servizi a supporto della sanità, come quelli del facility management, categoria che comprende un insieme di servizi finalizzati a garantire il comfort del luogo di lavoro e il buon funzionamento di tutte le attività aziendali, dalle pulizie alla manutenzione industriale alla logistica di magazzino.
«I privati possono supportare la pubblica amministrazione quando si tratta di programmare e realizzare concretamente il piano di investimenti necessario per dotare la sanità di nuovi presìdi territoriali», sottolinea Claudio Levorato, presidente di Manutencoop Società Cooperativa, holding di controllo di Rekeep.
Lo studio segnala che soprattutto nei casi di riqualificazione delle strutture ad uso sanitario dismesse, da destinare a casa della salute, ospedali di comunità o residenze sanitarie assistite, un contributo importante potrebbe arrivare attraverso la formula del Partenariato pubblico/privato (Ppp): si tratta di una soluzione che prevede di affidare a una società esterna gli interventi, che vengono ripagati attraverso la gestione successiva dell’immobile. «Con questa formula il privato punta al ritorno economico dell’investimento effettuato, mentre il pubblico per alcuni anni pagherà un canone ridotto o al limite immutato, disponendo sin da subito di una struttura riqualificata», spiega Levorato.
Che ricorda anche i benefici per i cittadini-utenti, i quali possono così godere di edifici più funzionali e quindi più capaci di rispondere ai bisogni espressi.
Del resto il Ppp è una formula già adottata da diversi comuni italiani, anche se costituiscono ancora una sparuta minoranza rispetto al potenziale. La vera sfida, insomma, è culturale: aiutare il mondo del business e quello della pubblica amministrazione in campo sanitario a trovare un punto di equilibrio per contribuire insieme a migliorare la qualità dei servizi. Più facile a dirsi che a farsi, ma vale la pena provarci considerata che la posta in palio è il miglioramento dei servizi per la salute pubblica.
Fonte: La Repubblica