Le scuole valgono circa 34 dei 49,1 miliardi di investimento stimati da Nomisma per un Green New Deal sul patrimonio immobiliare pubblico che dia slancio all’Italia post-Covid. Per Maurizio Massanelli, direttore del dipartimento innovazione di Rekeep S.p.A., sono proprio le scuole la sfida da vincere.
Qual è il problema principale degli edifici scolastici italiani? «Che quasi il 60% del costruito risale a prima del 1976, ovvero quando esordiscono le prime norme che indicano come si deve costruire in zone sismiche o come edificare in una logica di contenimento dei consumi energetici. Per cui oggi, molto spesso, ci troviamo con fabbricati a uso scolastico che sono dei veri e propri “colabrodo” dal punto di vista energetico, e che in molti casi non rispettano le caratteristiche di sicurezza che andrebbero offerte a studenti e personale scolastico».
Il ritardo sull’efficienza energetica è un problema solo del patrimonio immobiliare non residenziale, come le scuole, o anche di quello residenziale? «Se si guarda il settore residenziale l’Italia, rispetto agli impegni che si è assunta nei confronti dell’Unione Europea, ha una performance eccellente: l’obiettivo di efficienza e riduzione dei consumi per il 2020 è stato addirittura superato (+137% dell’obiettivo). Mentre invece per quanto riguarda gli immobili pubblici è stato fatto poco siamo ancora ad una percentuale molto bassa (stimabile intorno al 25%) rispetto all’obiettivo».
Perché gli enti locali tendono, in molti casi, a trascurare ammodernamento e efficientamento delle scuole? «Se parliamo di patrimonio scolastico prevalentemente in capo a comuni e province, questi enti locali hanno dovuto finora ottemperare al patto di stabilità. Per cui difficilmente potevano permettersi investimenti nuovi rispetto a quelli che erano i bilanci: hanno dovuto sempre lavorare sulla spesa storica».
Ma non esistono incentivi ad hoc per l’edilizia scolastica? «Ad oggi l’unico incentivo a cui può accedere la pubblica amministrazione è quella del “conto termico” per interventi sul contenimento energetico. Ma ci sono dei limiti sulla massima contribuzione ottenibile, per cui il beneficio copre al massimo il 20% o il 30% degli investimenti necessari».
E in che modo la soluzione che proponete di efficientamento energetico può risolvere questa impasse degli enti locali? «In sostanza è come se dicessimo all’ente locale: “Io società privata ti mantengo la tua spesa storica. Faccio io gli investimenti, e poi utilizzo i risparmi in bolletta che si ottengono per ripagarmi dell’investimento fatto. E tu ente locale, nel giro di pochissimo tempo – il tempo per il completamento degli interventi, mediamente due anni – avrai i fabbricati con rinnovata efficienza, comfort ed emissioni ridotte. E quando sarà finito il rapporto contrattuale con noi, potrai usufruire anche del risparmio in bolletta”».
Fonte: La Repubblica