CALABRIA, 06/09/2019 – Guai in vista per ottanta operatori sociosanitari in servizio ‘Annunziata per i quali, due giorni fa, la Coopservice ha comunicato alla Regione Calabria e alle organizzazioni sindacali l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo. Fino ad ora hanno svolto mansioni di pulizia e sanificazione, vigilanza e custodia, logistica e trasporti per conto della cooperativa, il cui contratto con l’ospedale scadrà il prossimo 30 settembre. Non è previsto alcun rinnovo e, purtroppo per i lavoratori, la coop sostiene di non poter procedere al loro reinserimento in altre attività. Andranno a casa, dunque, a meno che non si riesca a evitare in extremis «l’ennesimo papocchio della sanità cosentina». Così lo definisce l’Unione sindacale di base (Usb), schierandosi in difesa degli operatori della ditta che «con i loro soldi si sono qualificati conseguendo un attestato di operatori sanitarie dopo anni di sacrifici per mantenersi nella precarietà più assoluta oggi dalla sera alla mattina vanno tutti a casa. Accade solo in Calabria». Il problema riguarda uomini e donne, padri e madri di famiglia che prima di entrare in Coopservice hanno fatto anni di gavetta, stage, lavoro gratuito o volontario prima di ottenere l’agognato contratto, seppur quasi tutti solo part time e a tempo determinato. Una situazione che in tanti casi si è protratta per anni e con una paga da circa sette euro l ‘ora, senza. «Contribuzioni previdenziali? Meglio non parlarne» aggiunge il sindacato, lamentando anche la mancata comprensione, ormai storica, del divario effettivo tra il profitto della cooperativa e le spettanze dei lavoratori, «un rapporto che ancora oggi è difficile da quantizzare». Un terreno minato quello degli operatori sanitari a causa dell ‘assenza di un sistema di regole condiviso e uguale per tutti, ma tant’è: la questione è che oggi ottanta di loro vedono in loro futuro in discussione nonostante abbiano acquisito una formazione professionale. «Tutto perché le regole provinciali e regionali sull’assistenza sanitaria ai nostri concittadini cambiavano da regione a regione, in Calabria ancora oggi dopo commissari e politici alla sanità non siamo nelle condizioni di avere una direttiva univoca, come se per accudire un bambino o un anziano non serva personale qualificato e formato alla stessa maniera, ma solo la buona volontà dei singoli e l ‘improvvisazione dei gestori appaltanti. Dopo annidi lavoro a contatto con la sofferenza della gente, e sacrificato senza un costo standard, con appalti al ribasso costruendo delle gare che ammazzano diritti, tutele riducendo al minimo il costo della forza lavoro, ci troviamo a subire l ‘ennesimo smacco di lavoratori calabresi. Capiamo la rabbia dei lavoratori che senza le cooperative oggi sarebbero a casa e privi anche della bassa retribuzione percepita,ma il debito di gratitudine non significa tacere e assecondare certe logiche, riteniamo necessario aprire una discussione con la Regione Calabria». Un primo incontro si è svolto già nella giornata di ieri, ora si attendono novità nella speranza che siano positive per i lavoratori.
Fonte: Il Quotidiano del Sud