Il Mattino di Padova
Esce con le ossa rotte Azienda Zero dalla sentenza del Consiglio di Stato che fa a pezzi il mega appalto per la fornitura di pasti negli ospedali veneti. Azienda Zero è il nome in codice della giunta regionale quando indossa la giacca di amministratore della sanità veneta. L’appalto per 303.510.618 euro era stato assegnato un anno fa a Serenissima Ristorazione, l’azienda vicentina di Mario Putin che già deteneva la maggioranza delle forniture e così è arrivata a coprire il 95% del mercato. Un monopolio che oggi incassa, almeno sulla carta, un colpo che mette al tappeto.
Come esce male il Tar del Veneto che l’anno scorso, con una velocità augurabile in tutti i tribunali, aveva respinto in cinque giorni il ricorso presentato da Dussmann Service, una delle ditte battute da Serenissima. La sentenza del Consiglio di Stato, datata 6 dicembre 2018, capovolge il verdetto del Tar. Il mega appalto era suddiviso in sei lotti, tutti assegnati a Serenissima che aveva sbaragliato la concorrenza (in Ati con Euroristorazione su alcuni lotti).
La sentenza accoglie in pieno le motivazioni di Dussmann e annulla l’assegnazione di tre lotti su sei. Precisamente il lotto numero 1, ospedali di Belluno e Marca Trevigiana; il lotto numero 6, ospedali di Dolo, Mirano, Noale; il lotto numero 3, ospedali di Rovigo.
Quello che impressiona è il linguaggio che i giudici usano nei confronti della stazione appaltante, cioè la Regione Veneto, che «ha dato luogo alla formazione di un mercato chiuso, per un importo rilevantissimo, e per un periodo prolungato, 5 anni più altri 2 prorogabili». Arrivando a parlare di «condizionamenti provenienti da intenzionali scelte di programmazione che appaiono finalizzate a orientare un certo assetto produttivo per un tempo indefinito».
Pare di capire che se Dussmann avesse presentato appello su sei lotti, avrebbe fatto l’en plein. Tutte le eccezioni presentate dagli avvocati di Azienda Zero vengono respinte. Stessa sorte per le istanze in appoggio a Serenissima di Camst-Ladisa, ditta piazzatasi seconda nel lotto numero 1.
Aveva ragione Dussmann nel puntare «a far dichiarare illegittima l’impostazione complessiva della gara» per «l’elevatissima dimensione economica e operativa, la strutturazione in soli sei lotti, con il risultato di impedire la libera concorrenza, dato che il valore economico dei lotti andava da un mino di 31 milioni del lotto 3 Rovigo, ai 66 milioni del lotto 6 Venezia».
È stato un errore, ribadisce il Consiglio di Stato, non prevedere il «vincolo di aggiudicazione», che in una gara a lotti impedisce a un concorrente di vincerli tutti. Non si capisce perché Belluno e Treviso siano stati uniti in un lotto unico, date le distanze dei due territori e la dimensione della domanda, 600.000 pasti ognuna, fabbisogno equivalente agli ospedali di Rovigo, che invece è in lotto unico. C’è soprattutto la titolarità di un centro di cottura inserito come condizione essenziale nel capitolato d’appalto, con Serenissima Ristorazione unico concorrente a possederne uno (Boara Pisani).
La scelta di Azienda Zero era collegata alla decisione di smantellare le cucine degli ospedali, indirizzo molto contrastato dai sindacati. Che adesso hanno un argomento in più: «Anche sotto il profilo economico», si legge nella sentenza, «resta da chiedersi come mai, senza una reale analisi sulla loro eventuale disfunzionalità ovvero obsolescenza delle attrezzature e senza, anche qui, alcuna motivazione al riguardo, si sia decisa la rottamazione – con oneri di 700.000 euro a carico delle Azienda sanitarie – di tutte le strutture di produzione dei pasti presso le strutture sanitarie della Regione Veneto».
«Eccesso di potere», è la conclusione, «di un’operazione artatamente diretta a conseguire un determinato risultato e un determinato assetto del settore». Difficile non definirla una stangata. Come replica Azienda Zero? Con un serafico comunicato che cerca di vedere il bicchiere mezzo pieno: «Resta confermata l’aggiudicazione definitiva per tre lotti della gara, non oggetto di impugnazione. Sarà cura dell’Azienda Zero procedere celermente ad una nuova gara, relativamente ai tre lotti su cui si è pronunciato il Consiglio di Stato, rivisitando la predisposizione del capitolato alla luce della pronuncia». Del tipo: ops, abbiamo sbagliato, che sarà mai?
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