Campania, sanità: Manager ignorano obbligo di ridurre le spese, l’inchiesta

Campania – I Manager delle strutture sanitarie e ospedaliere ignorano l’obbligo legislativo di ridurre le spese di beni e servizi, per un danno erariale di 4,8 milioni, parte l’inchiesta della Corte dei Conti.
LE INDAGINI
Stangata della Corte dei Conti sulle spese per mense, pulizie, manutenzioni, vigilanza e attrezzature mediche delle aziende sanitarie della Campania. La legge del 2012 sulla spending review, infatti, imponeva alle Asl e alle aziende ospedaliere di ridurre del 5% i costi per l’acquisto di beni e servizi. Non quelli per le cure salvavita, però, o indispensabili al mantenimento dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) al paziente, al riparo dai tagli. Per risparmiare, le aziende avrebbero potuto rinegoziare i contratti, o farne di nuovi. Ma in molti casi non sarebbero riuscite a raggiungere l’obiettivo del 5%. Nel mirino della magistratura contabile finiscono 12 strutture sanitarie della Campania per un presunto danno erariale di 4,8 milioni di euro. Le indagini, condotte dal viceprocuratore contabile Francesco Vitiello, coordinate dal procuratore generale Michele Oricchio, e delegate al Comando della Guardia di Finanza di Nola, si sono concentrate sul periodo che va da agosto 2012 a dicembre 2015. Nel corso degli anni sono subentrate modifiche, correzioni e ampliamenti della normativa, ma la legge sulla spending review è ancora in vigore.

LE AZIENDE
Nello specifico, le strutture dove si sarebbe verificato il presunto danno erariale sono le Asl di Avellino (162mila euro), Benevento (103mila), Caserta (7mila) e Salerno (500mila), Napoli 2 Nord (252mila) e Napoli 3 Sud (1,6 milioni), l’Ospedale dei Colli (253mila) e l’Irccs Pascale (170mila), l’Azienda ospedaliera universitaria ex Sun, oggi Luigi Vanvitelli (430mila), gli ospedali Moscati di Avellino (112mila), Rummo di Benevento (450mila) e San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno (764mila). Ieri il deposito degli atti di citazione. Circa 50 le figure finite nel mirino della Procura, tra direttori generali, sanitari e amministrativi, nonché i referenti responsabili dell’attuazione del decreto legge 95/12 sulla spending review. Tutte le persone coinvolte avranno modo di chiarire la propria posizione.

IL SUPERCONSULENTE
Per tre anni la Procura contabile e gli investigatori delle Fiamme Gialle hanno passato al setaccio i bilanci delle Asl e delle aziende ospedaliere. Per fare luce sui conti, la Procura si è avvalsa dal 2016 della consulenza tecnica dell’ex sub commissario alla Sanità campana, Mario Morlacco, in carica fino al 2015, esperto in materia di contabilità pubblica e sanitaria. Una consulenza gratuita, assegnata dopo aver verificato la compatibilità. Con l’ausilio di Morlacco, è stata preparata una tabella che le aziende e gli enti avrebbero dovuto compilare con i dati con «la tipologia dei contratti, la durata, l’importo, l’eventuale rinegoziazione ed il risparmio realizzato. Non tutti però – è scritto nell’atto di citazione – hanno provveduto a compilare le tabelle come richiesto, per cui è stato necessaria attivare una complessa attività, di acquisizione di documenti e chiarimenti a cui ha dovuto far seguito un difficoltoso lavoro di interpretazione dei dati». I risultati dell’indagine sono poi confluiti nella relazione finale che Morlacco ha consegnato alla Procura a giugno 2016, con un focus per ogni azienda, inclusa Soresa, nei quali si analizzavano i dati contabili con le valutazioni tecniche.

L’INCHIESTA
Nel corso degli accertamenti è stata ricostruita l’intera procedura amministrativo-contabile adottata dalla Regione e dalle singole direzioni sanitarie ed ospedaliere per la riduzione delle spese. Ma dalle indagini è emerso che l’obbligo di riduzione del 5% «risulterebbe essere stato inosservato». Si è rilevata, invece, «la colposa insufficienza dell’attività posta in essere, che ha subito significativi incrementi solo dopo l’avvio delle attività istruttorie della Procura contabile». Diversi i capitoli di spesa ricadenti sotto la voce beni e servizi, finiti sotto la lente degli investigatori. Tra questi, vigilanza armata, portierato, buoni pasto dipendenti, ristorazione degenti, pulizie, noleggio e lavaggio biancheria, dispositivi medici, la manutenzione apparecchiature elettromedicali, i servizi mensa e ristorazione, lo smaltimento rifiuti, i dispositivi economato, le attività di facility management, il prelievo e lo smaltimento carcasse e spoglie animali, l’accalappiamento cani e la mediazione culturale. Su tutte queste voci, nel 2012 il Dl 95 imponeva di risparmiare almeno il 5%. Un obbligo che viene sottolineato già il 22 agosto successivo dal sub commissario per l’attuazione del piano di rientro sanitario in una nota ai direttori generali delle strutture sanitarie e poi ribadito nelle linee guida emanate a ottobre, che richiamavano anche «la responsabilità, anche in termini di danno erariale, in caso di mancato adempimento». Seguono numerosi solleciti nel corso degli anni e modifiche normative, che consentono alle aziende sanitarie di proporre ai fornitori «una rinegoziazione dei contratti, senza che ciò comporti la modifica della durata del contratto» o la possibilità di recedere dal contratto senza penali in caso di mancata negoziazione.

Fonte: Il Mattino – Articolo di Pierluigi Frattasi