Prato – Il Comune punta i piedi sull’acqua pubblica imponendo alla ditta che gestisce la mensa scolastica di portare in tavola le caraffe. La questione, sollevata da Il Tirreno, divide i genitori di Prato e provincia, che comprano a turno le bottigliette pur di non far bere ai figli l’acqua del rubinetto considerata poco sicura.
«Mia figlia deve bere solo acqua minerale e non può bere quella del rubinetto» riporta un pediatra di famiglia, intervistato da Il Tirreno, al quale una mamma si è rivolta per ottenere un certificato. L’esatto contrario di quello che sostiene il Comune di Prato. Che inserisce nel capitolato di gara della mensa scolastica l’obbligo di servire l’acqua del rubinetto. Lo sa bene la ditta Camst, colosso della ristorazione collettiva selezionata dal Comune: all’articolo 23 del capitolato d’appalto per la refezione scolastica si legge che «per bere è prevista la fornitura di acqua da acquedotto pubblico».
Niente bottiglietta di plastica dunque. «L’acqua del rubinetto è prevista dal capitolato mensa per gli 11mila bambini che usufruiscono della mensa», conferma Donatella Palmieri, dirigente comunale del servizio pubblica istruzione. Nel 2017 fu lei infatti a firmare una circolare per limitare le richieste di diete speciali se non per motivi di salute documentati oppure, religiosi o culturali. Ad oggi il principio per l’acqua resta quindi lo stesso: «Il capitolato d’appalto è chiaro sulla fornitura di acqua da bere a mensa. È chiaro anche sul fatto che, laddove particolari situazioni di emergenza non consentissero l’uso di acqua pubblica, la ditta Camst debba fornire acqua minerale naturale in bottiglie da un litro e mezzo o due litri. E questo senza costi aggiuntivi per l’amministrazione».
Una scelta che si ritrova a fare i conti con le eventuali proteste dei genitori: «Ultimamente – dice Donatella Palmieri non ne abbiamo ricevute. Per le analisi dell’acqua basta rivolgersi comunque a Publiacqua che controlla quotidianamente gli impianti e pubblica on line il monitoraggio della qualità dell’acqua zona per zona». Ritrovandosi però ad affrontare tubature anche vecchie. «I controlli – insiste la dirigente – sono serrati. Non solo: il Comune può effettuare su segnalazione ulteriori controlli su bevande e alimenti». Purché mirati e motivati. In passato – ammette Donatella Palmieri si è abusato di certificazioni per esenzioni dalla mensa e «per questo un anno e mezzo fa è stato siglato un protocollo con l’Asl condiviso anche con la federazione dei pediatri. Bisognava mettere ordine e filtrare i veri casi di intolleranze e allergie alimentari. Troppe richieste di diete speciali: più aumentano, più cresce il rischio di errori. E nonostante le restrizioni sono ancora 900 i bambini che seguono un regime alimentare speciale. Ma prima erano di più».
Fonte: Il Tirreno