Partiamo dai dati. Le inefficienze che causano sprechi nelle città si concentrano soprattutto nello spreco di acqua: la domanda d’acqua delle zone urbane è l’11% del consumo globale, ma di questa percentuale solo il 3% viene effettivamente utilizzata, mentre la restante parte è gettata via come acqua di scarico. Poi il cibo: le aree urbane dei paesi industrializzati buttano il 20% della produzione totale di cibo. Il mancato utilizzo delle auto, invece, porta addirittura a uno spreco del 90,95% del bene stesso. Tutto questo rende chiaro fino a che punto un cambiamento del facility management potrà minimizzare lo spreco di risorse e la perdita economica di un’azienda e dei suoi dipendenti, a danno ambientale, e quindi sociale, di un Paese: “Gli sprechi nell’utilizzo di risorse naturali ed energetiche nelle nostre città rappresentano altrettante opportunità di efficientamento”, ci dice Edoardo Croci, coordinatore dell’”Osservatorio smart city” all’Università Bocconi – centro di ricerca Green. A Milano, Croci è stato Assessore alla Mobilità, Trasporti e Ambiente, e nel corso del suo mandato ha introdotto misure innovative in materia di ambiente, clima e mobilità sostenibile – come il sistema di road pricing ecopass e il sistema di bike sharing Bike-mi, che sono state riconosciute come “best practices” da organizzazioni internazionali come OECD, Banca Mondiale, UN-Habitat.
“Abbiamo istituito lo scorso anno, congiuntamente con il Dipartimento di studi giuridici, l’osservatorio sulle smart city, focalizzandoci sulla rigenerazione urbana, gli edifici intelligenti e la mobilità sostenibile. Il compito del facility manager nelle aziende pubbliche e private parte può contribuire a questi processi, a partire dall’efficientamento energetico degli edifici e dall’ottimizzazione nell’uso delle risorse. Ma anche le piattaforme di sharing per evitare lo spreco alimentare nelle mense aziendali costituiscono un’area di intervento in questo ambito. Il quadro di riferimento è il pacchetto sull’economia circolare promosso dall’Unione Europea”.
Su questo in Italia abbiamo “ampi spazi di miglioramento: soffriamo di un oggettivo ritardo nell’efficientamento del patrimonio immobiliare pubblico e privato”. Ciò riguarda soprattutto riscaldamento, illuminazione e ottimizzazione degli spazi. Ci sono poi opportunità legate all’automazione delle funzioni e all’applicazione dei principi dell’internet delle cose. Applicare le nuove tecnologie significa utilizzare sensori intelligenti, automazioni tarate sulle effettive esigenze degli utenti, dagli accessi, alla sicurezza, all’illuminazione e il condizionamento, riducendo sensibilmente gli sprechi”.
In questo senso, le “smart city”, grazie a un’intelligenza distribuita che parte dalla sensoristica e dal monitoraggio di diversi parametri, “sta modificando moltissimo il facility management: se un tempo era inteso come l’esternazionalizzazione delle funzioni tradizionali e secondarie di un’azienda – come le pulizie – oggi si assiste alla gestione integrata delle funzioni complesse. Un cambiamento totale, anche in termini di professionalità richieste. Se prima bastava un basso livello di formazione, ora è indispensabile una digitalizzazione spinta e competenze molto avanzate”.
“Oggi le grandi utility sono entrate in questo mercato con il loro stock di conoscenze e dati. Puntano fortemente su questa visione integrata che parte dal design di un edificio per arrivare alla sua gestione, integrando tecnologie e processi. Lo stanno facendo imprese come Engie, Enel, e a2a”. Per essere competitivi, dunque, pare imprescindibile passare da qui: da un facility management al passo coi tempi, innovativo e integrato.
[…] “Gli sprechi nell’utilizzo di risorse naturali ed energetiche nelle nostre città rappresentano altrettante opportunità di efficientamento”, ci dice Edoardo Croci, coordinatore dell’”Osservatorio smart city” all’Università Bocconi – centro di ricerca Green. Continua a leggere… […]