Uno studio multicentrico pubblicato di recente dal team del CIAS e di Elisabetta Caselli sulla rivista Plos-One presenta l’effetto di un nuovo sistema di pulizia ospedaliero delle infezioni correlate all’assistenza. La soluzione potrebbe consistere nel non cercare di sconfiggere i batteri, ma lasciare che a combattere i patogeni ci pensino altri batteri. Come? Con il “Probiotic Cleaning Hygiene System” che basa la sua efficacia sulla presenza di spore del probiotico Bacillus, in particolare Bacillus subtilis, Bacillus pumilus e Bacillus megaterium, inserite in detergenti molto delicati ed eco-friendly.
«La prima fase di verifica dell’efficacia dell’uso di probiotici per ridurre la crescita batterica di ceppi patogeni è avvenuta in vitro», racconta Elisabetta Caselli. «Insieme ai ricercatori del centro CIAS, coordinato dal professor Sante Mazzacane dell’Università di Ferrara, ci siamo mossi verificando la capacità dei Bacillus di inibire la crescita di patogeni che più frequentemente sono collegati a infezioni ospedaliere, come Escherichia Coli, Staphyloccus aureus, Pseudomonas aeruginosa e Candida albicans». Verificata l’efficacia, che in vitro arriva al 99.9% per tutti i ceppi analizzati, lo studio si è spostato in campo controllato. Una prima fase ha coinvolto 3 ospedali, 2 italiani e uno belga, per un periodo di 24 settimane e un totale di circa 20.000 campioni. Questo primo test, per così dire, aveva mostrato una riduzione dei patogeni correlati con ICA fino al 90% in più rispetto ai disinfettanti tradizionali. «Da qui», continua Elisabetta Caselli, «abbiamo proseguito per verificare che il sistema non finisse per favorire la selezione di batteri antibiotico-resistenti tra quelli che restano sulle superfici. Ciò che abbiamo visto è che non solo il sistema non favorisce la comparsa di nuove antibiotico-resistenze ma riduce nel tempo fino a 100 volte la presenza di batteri resistenti agli antibiotici in ospedale.
L’ultimo studio svolto dal tema di ricerca è stato condotto in 6 strutture italiane, «scelte per essere rappresentative delle strutture presenti lungo lo stivale. Nello specifico, hanno partecipato: la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli Irccs, l’Ospedale Universitario di Messina, l’Azienda USL di Ferrara, l’Azienda USL di Feltre, l’Azienda USL di Tolmezzo, l’Università di Udine, l’Università di Pavia e l’Università Bocconi di Milano. Si tratta di strutture pubbliche medio/grandi, che sono state divise in 3 gruppi: il gruppo 1 (Feltre, Roma, Foggia) ha iniziato la sperimentazione a gennaio 2016; il gruppo 2 (Vigevano e Tolmezzo) a maggio dello stesso anno. L’ospedale di Messina ha invece fatto da controllo. Lo sfasamento temporale è stato deciso per evitare che i risultati fossero inficiati dalla variabilità stagionale. Lo studio è durato complessivamente 18 mesi. I pazienti coinvolti sono stati 11.842. Tutto ciò che è stato cambiato è stato il metodo di pulizia, inserendo il sistema PCHS.
Per tutto il periodo dello studio, si è proceduto con una valutazione giornaliera della flora batterica presente sulle superfici ospedaliere. Lo stesso è accaduto per le ICA. I risultati ottenuti si basano quindi su un calcolo di incidenza reale delle infezioni sostenute dai germi presenti. «I risultati che abbiamo ottenuto hanno superato anche le nostre più rosee previsioni», ammette con entusiasmo Elisabetta Caselli. «L’incidenza di ICA è infatti diminuita di più del 50% in tutte le strutture, passando dal 4,8% al 2,3%, mentre il Tasso di incidenza per 1000 pazienti è passato da 5,4 a 2,4. Per scendere più nel dettaglio, le infezioni del tratto urinario sono scese dal 3% all’1,2%; quelle ematiche dallo 0.9% allo 0.6%; la sepsi è calata dallo 0,4% allo 0,1% e le infezioni gastrointestinali e cutanee sono diminuite dallo 0,3% allo 0,1%. Lo studio dimostra quindi l’efficacia del sistema PCHS nel ridurre le infezioni nosocomiali, tra cui anche la sepsi che è una delle più pericolose».
Fonte: Tecnica Ospedaliera