Tre domande al nuovo AD di Dussmann Service

Tre domande al nuovo Ad di Dussmann, Renato Spotti.

Come giudicate la possibilità di portarsi il panino da casa? «Se nel passato l’educazione alimentare si faceva in famiglia, dove i genitori trasferivano ai figli i valori sociali e domestici del cibo consumato tutti i giorni, oggi la scuola è diventata così l’unico istituto sociale che può assolvere il compito di guidare un processo radicale di recupero ed esplorazione emotiva di quel patrimonio di cultura alimentare che da sempre costituisce una ricchezza del nostro Paese. In questo contesto, e proprio nel suo rapporto diretto con la scuola e le famiglie, la ristorazione scolastica rappresenta un’area strategica per lo sviluppo di attività esperienziali positive e la promozione di un corretto rapporto con il cibo. Non possiamo quindi, che considerare negativamente la possibilità che gli alunni si portino il panino da casa. Ma non basta. Il pasto in mensa non solo è un’occasione importantissima di educazione alimentare, ma è sicuro, salubre, equilibrato e rispetta tutte le indicazioni relative ad allergie, intolleranze e credi religiosi. Ne deriva che il rischio di contaminazioni, potenzialmente letali, è altissimo. Senza considerare, poi, che occorre pensare a spazi e personale dedicati: ammesso e non concesso che gli istituti scolastici siano nelle condizioni di garantire l’avverarsi di queste condizioni necessarie, il pericolo di esclusione è dietro l’ angolo».

Perché preferire il pasto della mensa? «Il pasto della mensa è preferibile dal momento che è un’ occasione di socializzazione; inoltre i menu sono bilanciati e vari, seguono le linee guida Larn e vengono validati dall’Asl. Infine le condizioni igieniche e di conservazione sono sicuramente superiori rispetto a un pasto al sacco la cui temperatura non viene mantenuta costante, così da evitare la proliferazione batterica».

Quali risvolti occupazionali potrebbe avere la questione? «Il problema sociale è evidente. Se in futuro dovesse calare, o addirittura sparire, il numero di bambini che usufruiscono del servizio di ristorazione scolastica, credo sia chiaro a tutti che esiste il rischio di dover agire sulla componente del personale deputata all’erogazione di quel servizio».

Fonte: Gazzetta della Martesana